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LEGGE DI INSTABILITA’

Dopo l’approvazione del testo definitivo della Legge di Stabilità  azzardo qualche considerazione sulle norme approvate in materia lavoro, quelle che più direttamente mi riguardano.
Premetto che una Legge di Stabilità andrebbe valutata nel suo complesso per comprenderne la portata e la ricaduta, in termini economici, sui cittadini. Solo esperti potranno farlo nei prossimi giorni, anche perché, solamente per leggere il testo e capirne i contenuti ci vuole uno santo. (alla faccia della semplificazione delle norme!) Farlo in modo parziale, come farò io, può portare fuori strada.
E’ fuor di dubbio che alcune novità introdotte sono, a dir poco dirompenti.
a) L’esclusione dal computo dell’IRAP dell’intero costo del lavoro dipendente era cosa fortemente richiesta dal mondo imprenditoriale, e, seppur sacrosanta e mille volte promessa, ora che la norma esiste bisogna darne atto al Governo che l’ha resa operativa. Come tutte le misure di riduzione di imposte necessita di copertura e quindi mi auguro di non scoprire tra poco che aumenteranno imposte altrove… o diminuiranno ulteriormente i servizi finanziati da questa imposta. Certo, se analizzassimo le nuove norme per le cosiddette “giovani partite IVA” si inizierebbe a comprendere che da qualche parte i soldi bisogna pur prenderli. (ma non saranno comunque queste a finanziare il mancato gettito fiscale)(sulle “giovani partite IVA scriverò qualcosa in più nei prossimi giorni)
b) Il bonus contributivo per i nuovi assunti a tempo indeterminato con contratto a tutele crescenti, è, di fatto, la norma più significativa, in materia lavoro, contenuta nella Legge di Stabilità. Voluta dal Governo per incentivare le nuove assunzioni, è misura straordinariamente vantaggiosa e presumo avrà un effetto dirompente nel mondo del lavoro. Da tempo io auspicavo una norma che incentivasse, in modo crescente, il contratto a tempo indeterminato. Così come auspicavo, cosa invece non avvenuta, l’eliminazione di almeno una decina di contratti atipici, cosa invece di cui non c’è traccia nelle norme approvate. Il problema vero però è che la norma approvata, che concede, di fatto una totale esenzione contributiva per un periodo di tre anni per tutti gli assunti nel 2015 con contratto a tempo indeterminato, è assolutamente sproporzionata, nella sua entità, rispetto al necessario fabbisogno. Mi verrebbe da dire “as preva fer anca con meno”. L’eccesso di incentivo, in questo frangente economico, io lo giudico un’autentica pazzia, spiegabile unicamente con le ragioni di chi, attraverso una norma spregiudicata, non ha in mente la volontà di incentivare l’occupazione, bensì quella di ottenere, nel breve periodo, il maggior consenso elettorale.

Dico che l’entità del beneficio è una pazzia, fondamentalmente per tre motivi:

1°) Un sistema pensionistico già drammaticamente precario nel suo bilancio economico (non certamente per colpa del lavoro dipendente! ma piuttosto per tutte quelle pensioni di lusso indegnamente e impropriamente percepite) non può sopportare un ammanco contributivo per i tre anni di tutti i nuovi assunti. Come minimo dovremo aspettarci un ulteriore riforma pensionistica a carico dei più poveri, naturalmente.

2°) un beneficio così consistente fa gola a tutti e, sono certo, scatenerà i peggiori appetiti. Intanto bisogna stare molto attenti a considerare tutti i beneficiari, “nuovi assunti”. Molti di questi saranno delle trasformazioni, di fatto, di contratti di lavoro a tempo determinato già in essere presso le aziende, essendo la norma molto chiara nei suoi limiti applicativi. Si escludono infatti i soli dipendenti in forza all’azienda con contratto a tempo indeterminato nei tre mesi precedenti. Il che vuol dire, appunto, che quelli assunti a tempo determinato, se cessati e riassunti con contratto a tempo indeterminato, possono godere dei benefici. Ma il rischio peggiore è quello di incentivare, anziché le assunzioni, le cessazioni dei rapporti di lavoro in essere per poter accedere al mercato del lavoro con le nuove norme. Io ho già sperimentato in passato cosa vuol dire trovarsi di fronte ad una normativa “troppo agevolata” rispetto alle altre tipologie di rapporto di lavoro. Ricordo benissimo la corsa alle co.co.co quando queste prevedevano un obbligo contributivo del 10%. Ho visto di tutto e di più, tanto che gli Ispettori non sapevano più da che parte prendere per controllare le posizioni anomale. Si è dovuti intervenire sull’entità del contributo, alzandolo sensibilmente, per limitare l’abuso della norma. Mi immagino cosa possa capitare con questa che non ha neppure quel 10%. Da valutare attentamente anche il fenomeno della “concorrenza” nelle aziende di piccole dimensioni. Se ho un bar con un dipendente in forza da diversi anni a contributi pieni e di fianco a me apre un bar con una dipendente assunta con i benefici del bonus, la prima cosa che mi viene in mente di fare è licenziare la mia dipendente e assumerne una nuova con i benefici introdotti. Nessuna norma vieta questo comportamento. E questa sarà, volenti o nolenti, una forte tentazione per molte aziende, soprattutto in questo grave momento di crisi economica, in cui le aziende non sanno come fare a far quadrare i conti: 8.060 euro di esenzione contributiva all’anno fanno comodo.

3°) Di fatto la norma in essere ammazza l’apprendistato. Avere una agevolazione contributiva per lo stesso numero di anni previsti per l’apprendistato, senza avere contemporaneamente nessun obbligo formativo, nessun tutor e nessuna menata, e senza neppure quel poco di contributi che comunque gravano sull’apprendistato, farà sì che le aziende si orienteranno decisamente verso questa forma di assunzione. Questo, di per se, potrebbe non essere un male assoluto. Se ciò contribuisse a far scomparire dalla faccia della terra un migliaio di Enti formativi inutili finanziati dalle regioni (cioè da noi) sarebbe anche cosa buona e giusta. Il problema è che l’apprendistato, soprattutto se liberato appunto da tutte queste menate formative esterne, è lo strumento migliore nel quale un datore di lavoro si impegna ad far apprendere al giovane assunto un mestiere e, a sua volta, il giovane si impegna ad apprenderlo. E’, e dovrebbe continuare ad essere, la naturale forma di assunzione per un giovane al primo impiego. Non si può rischiare di farlo naufragare di fronte ad una norma eccessivamente premiante.
Non mi dilungo ulteriormente nella disamina della norma perché, son certo, sarà il tempo a farcene vedere delle belle. Al momento non ho dubbi nel definirla una norma prettamente elettorale e pericolosissima.
Tra le altre novità improponibili e insostenibili c’è l’aumento delle aliquote contributive per collaboratori, amministratori e soggetti a tassazione separata. Si prevede, entro il 2018, di applicare aumenti sino ad arrivare al tetto del 33%. Altra follia pura. Già dal 2015 l’aliquota contributiva passera a oltre il 29%. Questo, naturalmente per sopperire agli ammanchi della gestione previdenziale INPS, non tanto per i soggetti a tassazione separata, naturalmente, bensì sempre per quella miriade di pensionati di lusso che vanno in pensione con cifre esorbitanti magari dopo che lo Stato (noi cittadini) gli abbiamo versato anche la contribuzione. Leggasi politici di tutte le razze e specie. Senza considerare tutte le altre imposte indirette, si fa presto ad immaginarsi un prelievo contributivo e fiscale che possa superare ampliamente il 60% del reddito. In pratica per circa 8/9 mesi all’anno si lavorerà per lo Stato….
Utilizzare parte del bonus per le nuove assunzioni in diminuzione di un punto almeno di tutte le aliquote contributive, sarebbe stato invece uno splendido segnale.
Nei prossimi giorni mi riprometto di esaminare alcune altre norme contenute nella Legge di Stabilità- altan 3

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