Son sicuro che se chiedessi a qualsiasi lavoratore, o azienda, che conosco, di dirmi se ci capiscono qualcosa nelle loro busta paga, la totalità mi risponderebbe di no.
D’altra parte anch’io, se dovessi fare una busta paga senza l’ausilio del “programma paghe” quasi sicuramente salterei qualche passaggio o commetterei qualche errore.
Questa “non comprensione” del documento più importante che determina le spettanze per la prestazione lavorativa, è, di fatto, il primo fondamentale diritto negato alle parti.
E’ fin troppo ovvio che questa impossibilità di comprendere come si arriva al “netto in busta” è frutto del susseguirsi, in questi ultimi 30 anni (dico trenta perchè quando ho iniziato a fare questo mestiere facevo le buste paga e calcolavo i contributi “a mano” e con tre operazioni la cosa era fatta) di una infinità di norme, per lo più demenziali e perfettamente inutili, che hanno reso la legislazione del mondo del lavoro una giungla inestricabile e incomprensibile.
Alle leggi si sommano i decreti legislativi, i decreti legge, le circolari ministeriali, le circolari interpretative dell’INPS, dell’INAIL e del Ministero del lavoro e, per ultimi, l’infinità dei contratti di lavoro nazionali, corredati dagli integrativi regionali, provinciali e, spesso, aziendali.
Un caos normativo che rende l’approccio al mondo del lavoro, in Italia, spaventoso per qualsiasi persona sana di mente.
Questo non sapere, non conoscere, apre le porte anche all’introduzione di norme che solo grazie all’inconsapevolezza dei lavoratori e delle imprese, possono essere deliberate.
I sindacati e le associazioni imprenditoriali hanno contribuito non poco a questo stato di cose e spesso, ne sono i diretti responsabili. Non c’è contratto che si rinnovi che non preveda l’istituzione di nuovi enti di assistenza, di enti bilaterali, di previdenze integrative che spesso sembrano istituite più per salvaguardare la poltrona di qualcuno che non gli interessi reali dei lavoratori e delle imprese. Basti per tutte sapere che gli enti di assistenza sanitaria integrativa vengono finanziati con quote di retribuzione che sarebbero, in alternativa all’adesione al fondo, dovute (in misura tripla) ai lavoratori dipendenti. (ovvio che le aziende scelgano di aderire all’inutile fondo….di cui spesso i lavoratori non conoscono neppure l’esistenza)
E’ altrettanto ovvio che la moltitudine di norme rende anche indefinibile, e quindi privo di qualsiasi certezza, il costo del lavoro dipendente nel nostro Paese, che vanta, in beata solitudine, il primato della maggiore conflittualità giuridica nel settore.
Ed è certamente questo il primo grandissimo handicap che impedisce alle aziende straniere di affacciarsi all’Italia per intraprendere una qualsiasi attività imprenditoriale.
Mi ero permesso, alcuni mesi fa, di scrivere al neo Ministro del Lavoro, Poletti, invitandolo ad assumere, tra i provvedimenti legislativi più urgenti, l’abolizione delle prime 50 norme che gli capitavano a tiro….così, a caso, certo che qualsiasi cosa avesse tolto, sarebbe stato un toccasana.
Naturalmente sono stato inascoltato e ci apprestiamo a vivere i prossimi mesi nel tentativo di comprendere le nuove “intenzioni” normative inserite nella legge delega, Jobs Act (che già dal nome….) o nella legge di stabilità.
Qui non oso neppure addentrarmi in giudizi perchè, da oggi all’approvazione definitiva dei decreti applicativi, potrebbe succedere di tutto..
Sul diritto “al futuro”, altro fondamentale diritto negato, mi soffermerò nel prossimo intervento.
Grazie per la pazienza
CdL Franco Bassi
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